Lezioni e dispute
L'importanza della lettura
Il fulcro dello studio e dell'insegnamento era costituito dalla lettura di testi e dalla disputa. La lettura era l'attività principale di apprendimento e i testi erano di grammatica, teologia e di narrazione (Dicta Catonis). La lettura rappresentava la strada per la conoscenza della verità. Benché il sapere e la sua trasmissione fossero orali, l'architrave di ogni disciplina era il libro. Leggere significava riconoscere un'autorità e cercare di assimilarla per utilizzarla a raggiungere soluzioni per i problemi posti.
Come si leggeva
La lettura di un testo era assai complessa: comportava un'analisi della struttura del testo e la sua suddivisione in parti al fine di ottenere una chiarezza sempre maggiore. Ciascuna parte veniva poi esposta e commentata. Ugo di San Vittore ha delineato tre forme della lettura: per opera dello studente, per opera del docente o nello studio personale. Questi piani di lettura pongono in luce quanto il testo fosse al centro di una relazione e quanto il lavoro individuale fosse indispensabile per ampliare le conoscenze e l'apprendimento.
La disputa
Il compito del maestro era quello di far lezione, predicare e disputare. La disputa segnava il passaggio dall'argomentazione sulla base dell'autorità alla dimostrazione per mezzo della ragione. Era un momento di discussone dove si cercava di risolvere i contrasti e gli interrogativi. La disputa si fonda sull'uso della dialettica e sull'impiego della ragione nell'argomentazione. Il resoconto delle dispute veniva trascritto e costituisce una parte della letteratura medievale in ambito teologico e filosofico.
Le questioni
La disputa diede origine a un genere argomentativo e didattico, caratterizzato dalla raccolta di questioni a sé stanti o all'interno di Summae. Un esempio di un vero capolavoro di architettura intellettuale è la Summa Theologiae di Tommaso d'Aquino. Esso ha quattro parti essenziali: la posizione del problema, l'esposizione delle opinioni a favore e quelle contrarie, la soluzione del maestro e infine la soluzione dei dubbi.
Il maestro secondo Tommaso d'Aquino
Il maestro interiore trovò il suo sviluppo e completamento con Tommaso d'Aquino. Egli analizza il rapporto maestro-discepolo attraverso la conoscenza e intende rispondere a 'se un uomo possa insegnare a un altro uomo'. Tommaso sostiene che gli esseri posseggano una capacità causativa e che nel loro essere non siano inutili. Se all'essere umano fosse stata negata la capacità di causare qualcosa allora si sarebbe giunti alla conclusione che nessun uomo possa insegnare qualcosa a qualcuno.
La posizione di Avicenna
Avicenna faceva dipendere la conoscenza da un intelletto separato e unico. L'azione del maestro sarebbe quindi esclusivamente preparatoria e accidentale in quanto la conoscenza dipende dall'illuminazione dell'intelletto agente.
La posizione di Averroè
Averroè riteneva che anche l'intelletto passivo fosse unico e separato e che la scienza e la conoscenza fossero riconducibili a un'unica intelligenza. Tale unicità dell'intelletto era il fondamento del rapporto fra maestro e discepolo e la condizione dell'intesa e della loro comunicazione.
La risposta di Tommaso
Tommaso riteneva che ogni essere umano fosse da considerarsi come soggetto autonomo. Egli rifiuta entrambe le tesi e sceglie una via intermedia che pone nel concorso di cause esterne e interne il fulcro del conoscere. Il sapere è potenzialmente attivo nell'uomo, bisogna però farlo passare attraverso la potenza dell'atto.
Il maestro secondo Tommaso d'Aquino
Il maestro interiore trovò il suo sviluppo e completamento con Tommaso d'Aquino. Egli analizza il rapporto maestro-discepolo attraverso la conoscenza e intende rispondere a 'se un uomo possa insegnare a un altro uomo'. Tommaso sostiene che gli esseri posseggano una capacità causativa e che nel loro essere non siano inutili. Se all'essere umano fosse stata negata la capacità di causare qualcosa allora si sarebbe giunti alla conclusione che nessun uomo possa insegnare qualcosa a qualcuno.
La posizione di Avicenna
Avicenna faceva dipendere la conoscenza da un intelletto separato e unico. L'azione del maestro sarebbe quindi esclusivamente preparatoria e accidentale in quanto la conoscenza dipende dall'illuminazione dell'intelletto agente.
La posizione di Averroè
Averroè riteneva che anche l'intelletto passivo fosse unico e separato e che la scienza e la conoscenza fossero riconducibili a un'unica intelligenza. Tale unicità dell'intelletto era il fondamento del rapporto fra maestro e discepolo e la condizione dell'intesa e della loro comunicazione.
La risposta di Tommaso
Tommaso riteneva che ogni essere umano fosse da considerarsi come soggetto autonomo. Egli rifiuta entrambe le tesi e sceglie una via intermedia che pone nel concorso di cause esterne e interne il fulcro del conoscere. Il sapere è potenzialmente attivo nell'uomo, bisogna però farlo passare attraverso la potenza dell'atto.
L'insegnante conduce quindi alla conoscenza di ciò che non si sa nello stesso modo in cui uno potrebbe giungervi in maniera inventiva.
Il ruolo sociale del magister
Da magister a professores
Nel tardo medioevo la figura del magister acquistò un'importanza maggiore.
Il magister universitario, è un uomo di mestiere che svolge una professione nella quale ha competenze e autorità e riconosce il legame tra scienza e insegnamento. Egli poteva esercitare la sua professione universalmente e insegnare per lui era una professione ossia avere la scienza in un determinato campo.
Il magister doveva mantenere un legame tra la sua attività di ricerca e l'insegnamento, nel senso di non tener per se ciò che scopriva e di essere autorevole e competente in ciò che insegnava.
Il legame tra studio e docenza era reso saldo dalla continua ricerca della verità che era impresa anche comune.
Una professione privilegiata
Il magister aveva anche un ruolo sociale ed era parte di una struttura associativa e corporativa. L'ordinamento giuridico aveva riconosciuto agli universitari uno statuto speciale ed essi erano consapevoli di essere in un corpo privilegiato.
In alcuni casi potevano beneficiare di esenzioni da obblighi personali e patrimoniali.
La dignità del magister era grande e rispettata ed a tale dignità il magister deve corrispondere integrità di condotta, competenze e vigore.